Sebastiano Ricci (Belluno 1659 - Venezia 1734)
"Vergine orante"
Olio su tela (ovale)
"Praying Virgin"
Oil on canvas (oval)
71 x 56 cm
Ringraziamo il Professore Enrico Lucchese che conferma l'attribuzione dopo aver visto le foto HD del dipinto. In particolare, in base alla fotografia, data l'opera attorno al 1686 approcciandola alla "Pietà della Vergine" eseguita per l'Oratorio delle Cappuccine Nuove di Parma, vedi catalogo "Sebastiano Ricci" Bruno Alfieri Editore a Cura di Annalisa Scarpa, opera n. 373 pag. 275-276 - Foto 20 pag. 376.
Di Sebastiano Ricci abbiamo una descrizione mirabile grazie a Pallucchini, che scrive: “Uno dei maestri più significativi della svolta in senso rococò della cultura figurativa veneziana del primo Settecento. Assieme a Gianantonio Pellegrini e Jacopo Amigoni, il bellunese va costituendo una visione del tutto nuova, sia nell’impiego dei mezzi espressivi come nello spirito decorativo, che assume un aspetto tipicamente rococò tanto nella grande decorazione come nel quadro di cavalletto”.
Sceso in laguna dalla natia Belluno, svolge qui la sua prima fase d’apprendistato, anche se da subito la sua attenzione è attirata dalla pittura decorativa dei bolognesi, Annibale Carracci in primis, e del barocco romano, su tutti gli esempi di Pietro da Cortona e del Baciccia.
Pittore errante, primo dei veneti a varcare le Alpi, nel suo girovagare coglie molteplici stimoli: tra questi fondamentale è il suo incontro con l’arte di Luca Giordano, visto a Firenze. Tornato a Venezia dopo un ventennio, all'inizio del XVIII secolo, egli impone la sua visione dell’arte pittorica, facendo svoltare sistematicamente il panorama pittorico tra le lagune. Egli porta l’evoluzione stilistica a Venezia, colta nel suo girovagare, e da veneto qual era, ne dà una interpretazione fondata principalmente su una rivisitazione dei canoni dell’eleganza e della bellezza coloristica che fu del Veronese. L’opera in esame è un considerevole esempio della prima produzione di Sebastiano Ricci, in cui compaiono evidenti richiami stilistici romano-emiliani, evidenziati soprattutto nell’accento fortemente patetico dell’espressione e nel cristallino blu del manto della vergine. A sugello della tesi attributiva si nota come questo volto, probabilmente figlio di uno studio giovanile da esempi carracceschi, si riperpetui costantemente nella produzione riccesca. Il volto della Vergine lo ritroviamo pressoché identico nella “Pietà” della chiesa parmense delle Cappuccine Nuove, opera risalente al 1686. Sempre del periodo giovanile va segnalata la Santa Cecilia, già in collezione Newhause a New York. Il volto di Maria compare ancora nella “Crocifissione con la Vergine e i SS Giovanni e Carlo Borromeo”, oggi agli Uffizi di Firenze e realizzata 1704. Il disegno, inoltre, è stato utilizzato da Ricci anche per soggetti mitologici, e lo ritroviamo nella figura di Dafne sia nell’ovale realizzato per i Fulcis nei primi anni del Settecento, sia nella grande tela “Apollo e Dafne” realizzata intorno al 1720 per i Gabrielli a Roma