Importante stipo. Legno ebanizzato, materiali naturali, bronzo dorato. Fiandre XVII secolo, cm 127x54x195 Spettacolare interno con fronte architettonico a tiretti, sportelli e pannelli, riccamente dipinti a soggetti allegorici e mitologici, intarsiati con motivi a girali e riquadrati da cornici guillochè, sportello centrale che cela tempietto con colonne e specchi. Sostegni a rocchetto e parte superiore modanata terminante con ringhiera a balaustro di epoche posteriori, Questo splendido stipo di manifattura fiamminga nasconde al suo interno un elogio alla Dea della caccia Diana (o Artemide, secondo la terminologia greca) che occupa, con gli episodi salienti della sua vicenda mitologica, il ciclo decorativo delle ante e al corpo architettonico centrale. Se nell’anta laterale destra è rappresentato l’antefatto della guerra di Troia con Mercurio e le tre Dee Venere, Giunone e Minerva, in attesa del tanto anelato giudizio di Paride, dall’altra (anta laterale sinistra), Diana, ben riconoscibile grazie alla luna che facendole da fermaglio brilla luminosa in fronte, spicca il volo portando tra le braccia la giovane Ifigenia, salvata in extremis dal sacrificio del padre Agamennone. Tutt’intorno al corpo centrale, esemplato sui modelli cinquecenteschi, con balconata e colonne tortili, corre la passamaneria di cassettini segreti decorati da preziose figurine che raccontano le imprese leggendarie della dea. Procedendo in senso antiorario riconosciamo Diana sorpresa al bagno da Atteone, principe tebano, trasformato in cervo e sbranato dai suoi cani per l’offesa; Eracle con la testa della cerva di Cerinea, sacra a Diana, a compimento di una delle sue celebri fatiche; ancora la morte della giovane Chione, vantatasi per essere la più bella delle dee e uccisa da Artemide con una freccia. Nella predella centrale accanto alla morte di Chione pianta dal padre e dal suo amante, nonché gemello di Diana, Apollo, compare la morte di Adone, che giace inerme accanto a Venere distrutta dalla perdita, un altro decesso soffertissimo, perpetrato dalla dea. Risalendo verso il lato sinistro del coronamento di scomparti, riconosciamo l’episodio di Apollo e Dafne; il Ratto di Europa; forse la nascita dei due gemelli divini, Diana e Apollo, e, a chiudere circolarmente il ciclo, la stessa composizione di Diana e Atteone che riprende una ninfa al bagno sorpresa da un fauno, probabilmente la rappresentazione di Pan e Syrinx. Le nicchie inquadrate centralmente separate da due colonnine tortili raccolgono, a sinistra, l’episodio increscioso di Callisto che viene scoperta gravida da Diana e quindi allontanata dalle ninfe del suo stuolo, nonché, a destra, l’effige orgogliosa della stessa Dea che esce a caccia con le sue fidate. Quest’ultima si ispira chiaramente ad un dipinto di Peter Paul Rubens “Diana e le sue ninfe escono per la caccia” conservato presso il Getty Museum, di cui pare una citazione quasi perfetta, permettendoci dunque di collocare temporalmente anche la mano del nostro artista intorno alla metà del XVII secolo. La minuta è vibrante, intessuta di luce, i dettagli floreali molto accurati, il tratto impiegato per le figure e i paesaggi bozzettistico. Siamo certamente in presenza di una personalità usa al mestiere di decoratore e abituata ad agire in vani ristretti, a compendio per esempio di cabinets come il nostro, aggiornata sulla moda olandese importata da Rubens e vicina alla sensibilità di Johann Rottenhammer.
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