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Piatto Urbino (o Pesaro), 1553, - Maiolica. Diametro cm 22,5. Perfetto stato, minime [...]

In Majolica and Porcelain (Genova)

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Genova
Piatto Urbino (o Pesaro), 1553, Maiolica. Diametro cm 22,5. Perfetto stato, minime insignificanti sbeccature al bordo. Provenienza: dalla collezione di Johan Nikolaus Vincent Piatto a basso cavetto, poggiante su piede ad anello appena accennato e incavato. Sul recto, a piena superficie è raffigurata la leggenda romana diffusa nel ‘500 attraverso le edizioni umanistiche di Tito Livio (Ab Urbe condita libri, II,13), in cui si narra della giovane Clelia che, fuggita dal campo etrusco, attraversò il Tevere: sulla sinistra infatti è raffigurata una tenda da campo con alcuni assedianti, mentre sullo sfondo è delineata una città con grandiosi edifici evidente evocazione di Roma. Conferma sul verso che si tratta del noto soggetto di storia romana anche la legenda, in blu e in caratteri corsivi, tracciata nel cavo del piede: “Lelia fanciulla/ quando paso il teva/re I553”. Dipinto a piena policromia Quest’opera innanzitutto è un rarissimo documento storiografico. Essa infatti, dopo essere stata, con altre opere, nella Residenza dei Principi Vescovi di Costanza dalla metà del ‘700 ai primi dell’‘800, è passata ad una delle più antiche collezioni di maioliche italiane europee, quella di Johan Nikolaus Vincent: appartenenza provata ancora oggi da un cartellino cartaceo col n. 837, corrispondente al catalogo di vendita della collezione andata all’asta nel 1890 (1). Vincent fu sensibile e attento collezionista d’arte, nato a Gressoney- St. Jean nel 1785 e morto a Costanza nel 1865. La sua collezione, composta di minerali, monete, stampe, gioielli, sculture, avori, pitture, vetri, porcellane europee ed orientali ecc. per alcune generazioni è stata conservata dalla famiglia ma dopo la morte del figlio Joseph, gli eredi si sono trovati nella condizione di doverla alienare Oltre alla sua storia collezionistica, non meno interessante è l’aspetto iconografico dell’opera che propone una originale versione della leggenda. Clelia infatti si narra che raggiugesse Roma a nuoto, mentre qui è raffigurata trasportata da un cavallo, rammentando piuttosto il mitico trasporto di Europa sul toro. Tuttavia la scena del piatto trova una spiegazione nell’epilogo della leggenda in cui Clelia, con alcune altre giovani prigioniere romane, una volta arrivata salva a nuoto sulla sponda del Tevere, venne rimandata indietro dal console Valerio; Porsenna, però, colpito dal coraggio della giovane romana, la graziò e le regalò un cavallo superbamente bardato. Da un punto di vista stilistico l’opera manifesta stretti legami con i vasi del primo lotto della spezieria della Santa Casa di Loreto (2), che tra i soggetti istoriati include numerose scene di storia romana: queste infatti propongono le stesse montagne all’orizzonte, con cime arrotondate (che ricordano quelle del “Pittore di San Paolo”, documentato a Urbino intorno agli anni ’60 del ‘500), tipologie dei cavalli (specie il muso), l’andamento dei panneggi delle tende da campo, le fattezze anatomiche, ecc. Il lotto lauretano solitamente viene ascritto alla bottega dei Fontana d’Urbino (1550-1570), ma non si vuole neppure tacere l’ipotesi che invece questo piatto (specie per la maniera di definire i ponti monumentali ad arcate dell’Urbe) e i detti vasi siano opera della pesarese bottega dei Dalle Gabicce (3) 1) KUNSTSAMMLUNG VINCENT 1890, n. 837 2) GRIMALDI 1977, pp.66- 103 3) BONALI GRESTA 1987, Tav. XXV, pp. 90 e s. Bibliografia KUNSTSAMMLUNG VINCENT 1890 Die Glasgemälde und Kunst- Sammlung der Herren C. und P.N. Vincent, Costanz 1890 GRIMALDI 1977 GRIMALDI FLORIANO, Loreto Palazzo Apostolico, Bologna 1977 BONALI GRESTA 1987 BONALI PIERO- GRESTA RICCARDO, Girolamo e Lanfranco Dalle Gabicce Maiolicari a Pesaro nel secolo XVI, Rimini 1987
Piatto Urbino (o Pesaro), 1553, Maiolica. Diametro cm 22,5. Perfetto stato, minime insignificanti sbeccature al bordo. Provenienza: dalla collezione di Johan Nikolaus Vincent Piatto a basso cavetto, poggiante su piede ad anello appena accennato e incavato. Sul recto, a piena superficie è raffigurata la leggenda romana diffusa nel ‘500 attraverso le edizioni umanistiche di Tito Livio (Ab Urbe condita libri, II,13), in cui si narra della giovane Clelia che, fuggita dal campo etrusco, attraversò il Tevere: sulla sinistra infatti è raffigurata una tenda da campo con alcuni assedianti, mentre sullo sfondo è delineata una città con grandiosi edifici evidente evocazione di Roma. Conferma sul verso che si tratta del noto soggetto di storia romana anche la legenda, in blu e in caratteri corsivi, tracciata nel cavo del piede: “Lelia fanciulla/ quando paso il teva/re I553”. Dipinto a piena policromia Quest’opera innanzitutto è un rarissimo documento storiografico. Essa infatti, dopo essere stata, con altre opere, nella Residenza dei Principi Vescovi di Costanza dalla metà del ‘700 ai primi dell’‘800, è passata ad una delle più antiche collezioni di maioliche italiane europee, quella di Johan Nikolaus Vincent: appartenenza provata ancora oggi da un cartellino cartaceo col n. 837, corrispondente al catalogo di vendita della collezione andata all’asta nel 1890 (1). Vincent fu sensibile e attento collezionista d’arte, nato a Gressoney- St. Jean nel 1785 e morto a Costanza nel 1865. La sua collezione, composta di minerali, monete, stampe, gioielli, sculture, avori, pitture, vetri, porcellane europee ed orientali ecc. per alcune generazioni è stata conservata dalla famiglia ma dopo la morte del figlio Joseph, gli eredi si sono trovati nella condizione di doverla alienare Oltre alla sua storia collezionistica, non meno interessante è l’aspetto iconografico dell’opera che propone una originale versione della leggenda. Clelia infatti si narra che raggiugesse Roma a nuoto, mentre qui è raffigurata trasportata da un cavallo, rammentando piuttosto il mitico trasporto di Europa sul toro. Tuttavia la scena del piatto trova una spiegazione nell’epilogo della leggenda in cui Clelia, con alcune altre giovani prigioniere romane, una volta arrivata salva a nuoto sulla sponda del Tevere, venne rimandata indietro dal console Valerio; Porsenna, però, colpito dal coraggio della giovane romana, la graziò e le regalò un cavallo superbamente bardato. Da un punto di vista stilistico l’opera manifesta stretti legami con i vasi del primo lotto della spezieria della Santa Casa di Loreto (2), che tra i soggetti istoriati include numerose scene di storia romana: queste infatti propongono le stesse montagne all’orizzonte, con cime arrotondate (che ricordano quelle del “Pittore di San Paolo”, documentato a Urbino intorno agli anni ’60 del ‘500), tipologie dei cavalli (specie il muso), l’andamento dei panneggi delle tende da campo, le fattezze anatomiche, ecc. Il lotto lauretano solitamente viene ascritto alla bottega dei Fontana d’Urbino (1550-1570), ma non si vuole neppure tacere l’ipotesi che invece questo piatto (specie per la maniera di definire i ponti monumentali ad arcate dell’Urbe) e i detti vasi siano opera della pesarese bottega dei Dalle Gabicce (3) 1) KUNSTSAMMLUNG VINCENT 1890, n. 837 2) GRIMALDI 1977, pp.66- 103 3) BONALI GRESTA 1987, Tav. XXV, pp. 90 e s. Bibliografia KUNSTSAMMLUNG VINCENT 1890 Die Glasgemälde und Kunst- Sammlung der Herren C. und P.N. Vincent, Costanz 1890 GRIMALDI 1977 GRIMALDI FLORIANO, Loreto Palazzo Apostolico, Bologna 1977 BONALI GRESTA 1987 BONALI PIERO- GRESTA RICCARDO, Girolamo e Lanfranco Dalle Gabicce Maiolicari a Pesaro nel secolo XVI, Rimini 1987

Majolica and Porcelain (Genova)

Auktionsdatum
Ort der Versteigerung
Mura di S. Bartolomeo
16
Genova
16122
Italy

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